lunedì 26 novembre 2007

I SEE THE BLUE MOON RISING!


I see the Blue Moon Rising,
I see Fun times on the way,
I see City going places,
I see good times on the way.
Let's go out tonight,
It's bound to be alright,
'Cos City's-- game is on the rise.
I see City Fans achanting,
I see the end is not in sight.
I see the beer is overflowing,
I hear the sound of pure delight.
Hope you've got your passport sorted,
hope you are quite prepared to fly.
Looks like we're in for Euro matches,
You know we are CITY till we die!

Io vedo sorgere la Luna Blu
Io vedo arrivare momenti di gioia,
Io vedo il City scalare posizioni in classifica,
Io vedo che i tempi buoni stanno arrivando.
Usciamo stanotte, è sicuro che va tutto bene,
perché sta per cominciare una partita del City.
Io vedo i fans del City inneggiare,
io vedo che la fine non è all’orizzonte.
Io vedo che la birra scorre a fiumi,
io ascolto il suono di pura delizia.
Spero che il tuo passaporto sia in regola,
spero che tu sia ben preparato per volare.
Sembra che siamo pronti per le partite in Europa,
lo sai che siamo del City fino alla morte!*
*Ringrazio di cuore l'amico Parky Addams da Leeds, Yorkshire, per questo splendido inno da lui appositamente composto subito dopo l'ottavo successo consecutivo casalingo del nostro incredibile City. Vittoria sofferta perchè arrivata solo al 94° grazie a un missile terra/aria del talento di Cork Stephen Ireland. Ma vittoria proprio per questo più bella visto che troppi nostri giocatori non si erano potuti allenare in settimana per gl'impegni con le rispettive nazionali in giro per il mondo. Siamo terzi a un solo punto dai cugini rags giustiziati sabato scorso a Bolton da un gol segnato dal nostro caro ex Nicholas Anelka: un segno anche questo che la Luna Blu sta risorgendo davvero nel cielo di Manchester, no?

martedì 13 novembre 2007

QUEL TACKLE DEL CAPITANO


Portsmouth-City, 20° del primo tempo. I Pompey, incitati dal tifo assordante del piccolo Fratton Park, costruiscono una nitida palla gol nel cuore della nostra area. Il giovane talento croato Nicola Kranijcar si è già voltato per esplodere quello che potrebbe essere il tiro vincente alle spalle di Joe Lion-Hart quand'ecco che, nello scintillio della sua feroce applicazione agonistica, il nostro capitano Richard Dunne compie uno dei più significativi gesti tecnici della stagione. Un tackle feroce ma correttissimo in ispirata nasconde letteralmente la sfera all'avversario che si ritrova, sorpreso come un pinguino all'equatore, a calciare l'aria umidiccia del Sud dell'Inghilterra. Lo spicchio di curva là dietro, quello che ospita i Citizens, si anima all'improvviso e parte un ooohhh di ammirazione incontenibile per il coraggioso stopper irlandese. Ma cosa c'è dietro questo suo ennesimo attestato di classe? Pochi ricordano che il capitano, uno dei tanti acquisti della gestione di King Kev, fece molta fatica ad inserirsi nel City d'inizio secolo. Fu così che quei suoi occhi dal colore limpido dell'whiskey intristirono giorno dopo giorno e Dunne divenne cliente fisso di alcuni pubs del centro di Manchester. I tifosi scuotevano la testa quando lo vedevano accomodarsi sempre più spesso in panchina nel vecchio Main Road: insomma, Dunne sarebbe stato una meteora nel firmamento del City se in lui non avesse creduto un altro grande difensore, nazionale inglese, subentrato a Keegan nell'ultimo periodo di vacche magre della storia del club. Stuart Pearce, a detta di molti fedelissimi del North Stand, credette ciecamente nell'uomo prima ancora che nel calciatore. A lui siamo debitori della sua resurrezione agonistica: oh capitano, mio capitano, avrai pensato subito dopo quel tackle a Fratton Park al tuo grintoso ex manager con riconoscenza, vero?

martedì 6 novembre 2007

CITY-SUNDERLAND 1-0, IL SOGNO CONTINUA!



Con uno shoot destro di terrificante potenza e precisione del 19enne Stephen Ireland su cross al bacio dall'out sinistro del redivivo Darius Vassell, un City cinico e spietato come non mai regola le bellicose truppe dei Black Cats di Sunderland. Con Elano e Petrov praticamente nulli e Johnson sostituito dopo un tempo per via di un ginocchio malandrino e da operare al più presto, il primo tempo è stato francamente orripilante. Ma nella ripresa gl'innesti operati da Svennie - Vassell per Johnson subito, Bianchi per Mpenza dopo dieci minuti - hanno dato una scossa salutare alla nostra manovra offensiva e il gol della vittoria, davvero stupendo, è arrivato al 66° minuto fragrante come un gianduiotto di Peyrano. L'uomo partita, anche stavolta, è stato però l'immenso centrocampista tedesco Dieter Hamann. Rivitalizzato, dopo un lungo periodo d'oblio, dal tecnico svedese, Didi ha un viso d'angioletto ma i garretti d'acciaio e usa spesso i tacchetti delle sue scarpette come certi cavalieri di ventura nel lontano Medio Evo usavano i loro speroni. Didi può essere chiacchierato fuori dal campo per certi suoi comportamenti un po' arroganti, ma sul terreno di gioco, con buona pace del querulo e fastidioso telecronista di SKY Massimo Marianella, non fa sconti a nessuno! I picchiatori, nel mondo del calcio, ci sono sempre stati e mai smetteranno di esistere: il calcio, caro Marianella, non è certo uno sport per educande e quello british più di tutti, quindi ... quite, please, o meglio: statti citto! Chissà cos'avrà pensato di certi interventi del centrocampista ex Liverpool il manager del Sunderland: si sarà sentito più giovane, vero, amici? Forse è per questo che si alzava di continuo durante la gara di ieri per lamentarsi col ref di turno? Macché! Roy Keane deve aver rivisto in Hamann se stesso quando, con la maglia dei nostri abominevoli vicini rags, recitava il ruolo di giustiziere delle palle sporche e, talvolta, di attentatore delle carriere altrui. Ecco perché, al fischio finale, abbiamo pensato con una certa gioia al nostro caro ex Alfie Halaand: una vittoria così non vale solo il consolidamento del terzo posto in Premier a soli due punti dalla vetta. Vale di più, molto ma molto di più, e i miei cari amici citizens dai capelli argentati sanno bene a cosa mi riferisco!

giovedì 1 novembre 2007

L’UOMO CHE FECE SEGNARE PELE’ IN UN FILM


E’ un sabato pomeriggio di Premier come tanti a Manchester. Alcuni tifosi degli Sky Blues mettono in scena l’orgoglio per le proprie radici all’uscita della tribuna centrale del City of Manchester Stadium.
La meravigliosa e immaginifica astronave, costruita in occasione dei Giochi del Commonwealth nel 2002, è da un paio d’anni ormai la nuova casa del City sostituendo, fra mille proteste dei fans più affezionati, il glorioso tempio calcistico del Main Road.
Escono a frotte, mischiati gli uni agli altri, giocatori, membri dei board e staff tecnici dei due club che si sono appena affrontati. Qualche ragazzino, accompagnato dai genitori, li ferma per una foto e un autografo e loro, con gran professionalità, si concedono con ampi sorrisi.
Accanto a me assistono indifferenti a questo assalto della folla uomini e donne dai 50 anni in su. Loro attendono, pazienti, che esca da un momento all’altro uno degli eroi del City vincente a cavallo fra gli Anni Sessanta e Settanta.
Quel City, frutto di limitate risorse economiche e del genio manageriale di Malcolm Allison e Joe Mercier, loro ce l’hanno ancora scritto in faccia! E’ il City che fece piangere una generazione di cugini rags condannandoli ad un’umiliante retrocessione in 1st Division con un 1-0 firmato di tacco a 5 minuti dalla fine da Dennis Law in un celebre e mai dimenticato derby all’Old Trafford. In mezzo alla piega ironica di bocche abituate a dialogare nelle lunghe sere trascorse al pub sotto casa, nei loro capelli argentati e ribelli, nello sguardo fiero sempre in bilico fra malinconia e speranza: questi tifosi esprimono alla perfezione l’appartenenza al loro club povero di trofei ma ricco di umanità come nessun altro, almeno a mio modesto parere!
“He’s coming!” grida al mio fianco uno di loro e mi indica un distinto signore di mezz’età, sorridente e impettito come solo un vero british delle Eastlands sa essere.
Mike Summerbee, detto “Buzzer” per via della sua grande foga agonistica, è stato ala destra e centravanti in quel mitico City. Ora accoglie felice l’abbraccio dei suoi vecchi e affezionatissimi fans proprio mentre passano lì vicino, totalmente ignorati, i giovani Michael Johnson e Nedum Onohua.
Due gemellini biondissimi, avranno sì e no sei o sette anni, lo acclamano avvolti nelle nuove tee shirts societarie. I loro genitori li guardano, un po’ in disparte, tenendosi teneramente per mano. Mike è sinceramente sorpreso dall’entusiasmo sincero dei due simpatici bocia.
Domanda perché: e loro, belli come il sole di questa inattesa Mancunian Summer di metà ottobre, gli mostrano una foto di Pelè alias Fernandez mentre compie la celebre rovesciata tratta dal film “Fuga per la vittoria”.
Mike allora sghignazza e firma con questa dedica speciale: “Dall’autore per caso del cross più importante fatto al più grande campione di sempre”.
Mexico 1970, quarto di finale Brasile-Inghilterra: lì si affrontarono per la prima e unica volta in una gara ufficiale Summerbee e Pelè in una sfida epica che ebbe, fra i suoi spettatori, il futuro regista di quel film John Houston.
Fra strette di mano, auguri sinceri, altri autografi e foto Mike s’allontana verso l’auto del figlio non prima di aver abbracciato e baciato i due gemellini biondi: lasciando a me, tifoso italiano così poco abituato a questo clima di festa dopo una partita di calcio inglese, l’immagine di un grande uomo di sport.